lunedì 17 dicembre 2012

La delicata ma in fondo banale arte di fare i regali

Il Natale ormai è alle porte e quindi, nella mia infinità bontà, ho deciso di farvi un favore: sto per rivelarvi la Prima Grande Legge dei Regali.
Pronti?

È questa: le persone, GUARDATELE.
Dice, ma è ovvio che le guardo.
Non è vero.
Pensate un attimo a quante volte avete ricevuto regali totalmente scollegati dai vostri gusti, anche da persone che vi frequentano spesso e che dovrebbero conoscervi bene.

Per esempio, se mi metto solo orecchini chandelier o cerchi del diametro di uno hula hoop, perché, di grazia, mi regali un paio di capocchie di spillo? Non pensi che se mi fossero piaciuti gli orecchini piccoli magari me ne avresti visto un paio indosso ogni tanto, eh?
Se invece non porto nessun gioiello, mai, nemmeno la catenina del battesimo, cosa mi regali a fare uno di quei gingilli che si tengono sul comodino e si addobbano di collane&anelli&orecchini quando ci si tolgono di dosso?
Perché, se ho una casa ultramoderna, tutta spigoli, acciaio e vetro, mi regali (pagandola sicuramente uno stonfo) la zuppiera Vecchio Ginori che da quel momento vivrà al buio nel pensile più inaccessibile della mia cucina?
Se l'unica volta che mi hai visto fare una sudata è stato quando avevo l'influenza e ho preso l'aspirina, sarà un'idea felice quella di regalarmi un paio di scarpe da jogging?
(chissà se indovinate quali dei casi appena descritti sono capitati a me)

Sono più che sicura che anche voi avete qualche regalo infelice, fatto o ricevuto (nel secondo caso, sentitevi pure liberi di sputtanare il donatore descriverli nei commenti).
Ecco, allora datemi retta e guardate il destinatario del regalo con attenzione: magari non ci azzeccate lo stesso perché regalate un doppione, ma almeno vorrà dire che eravate sintonizzati sui suoi gusti, invece che sui vostri come spesso succede.
Dai, non è difficile: persino il Perlino, nella scapataggine dei suoi diciassette anni, il Natale scorso mi ha regalato l'ultimo libro di Grisham e non l'opera omnia di Asimov, per dire.


lunedì 10 dicembre 2012

Io quasi quasi gli scrivo

ciclabile


Caro Matteo, visto che a quanto pare ti tocca continuare a fare il sindaco di Firenze, che me la faresti dare una ripitturata alla ciclabile? Mica per altro, ma se si scolorisce un altro po' va a finire che diventa tutto marciapiede e non mi posso nemmeno più azzardare a scampanellare ai pedoni abusivi.
Se poi gli stradini fossero tutti impegnati a tappare le buche non c'è problema, digli che mi lascino un bussolotto di tinta rossa all'imbocco del Ponte Rosso (così non ci si sbaglia) e me la ridipingo io a avanzatempo, dieci metri per volta, basta solo che tu mandi qualcuno alla fine a fare il disegnino delle biciclette, che io artistica non son mai stata.


lunedì 3 dicembre 2012

Impara l'arte e mettila da parte - Filippo il voltatore (secondo tempo)

La notizia di Filippo trascinato via di peso dall’udienza fa il giro della città in tre balletti e lui si tappa in casa per la vergogna.
Ma qualche tempo dopo ai consoli gli ribolle le chiare e lo mandano a chiamare:
"Filippo, noi ci s’è ripensato e forse siamo stati precipitosi, gli altri sistemi proposti non ci sembrano fattibili, ma del tuo così a scatola chiusa, senza un progetto, non ci si fida; tu capisci Filippo, noi ti si darebbe anche il lavoro, ma se tu ci fai vedere almeno un disegno"
"no, il disegno no"
"o perché?"
"ora ve lo spiego: ecco qui un uovo, ce la fate voi a farlo stare ritto?"
I consoli, sempre più perplessi, tentano la prova ma l’uovo ruzzola da tutte le parti finché Filippo non gli dà un colpo sul fondo e lo fa rimanere ritto:
"bellino sì che tu sei, così ci riusciva anche a noi!"
"ecco appunto, se vi facessi vedere il disegno vi riuscirebbe anche a voi di voltare la cupola"

I consoli decidono di fidarsi del pazzo ma fino a un certo punto: infatti gli fanno allogagione dell’opera ma solo fino a 12 braccia d’altezza e gli appiccicano alle costole un certo Lorenzo, scultore paradisiaco ma digiuno di architettura, in qualità di inventore al pari di Filippo e con la stessa paga.
I due si sono già incrociati qualche anno prima, quando hanno partecipato al concorso per le porte del battistero; i consoli avevano deciso di affidare il lavoro a entrambi, ma Filippo, tigna com’è, aveva rifiutato dicendo che se lo volevano gli dovevano dare tutto il lavoro perché lui non intendeva dividere la gloria con nessuno.

Quando viene a sapere che i consoli gli hanno rifatto lo scherzo, Filippo piglia una furia e se non fosse che la cupola se la sogna anche la notte li manderebbe tutti a spagliare:
"occome, io fo tutto il lavoro e lui si spartisce con me l’onore e i quattrini? eh ma a questo giro li bùggero io, ora questo tu vedi come lo sistemo"
Appena il lavoro arriva a un punto cruciale piglia e si dà malato; il cantiere naturalmente si ferma, i capomastri vanno a casa sua e lo trovano a letto che si rammarica:
"oioioi questo fianco che dolore! Caterina, portami i pannicelli caldi! ditemi signori, che c’è?"
"Filippo, da quando tu sei malato la fabbrica s’è bloccata, noi ci s’ha bisogno di sapere cosa si deve fare"
"o non avete Lorenzo? che faccia un po’ lui"
"gli s’è bell’e chiesto, ma lui non vuol far nulla senza te"
"eh, ma lo farei ben io senza lui"

I consoli capiscono l’antifona e si convincono che se vogliono questa benedetta cupola devono lasciarlo fare a modo suo, per cui gli levano Lorenzo di torno e lo nominano governatore e capo a vita di tutta la fabbrica.
Filippo finisce la cupola e fa il modello per la lanterna con cui vince il concorso, ma non campa abbastanza per vederla finita; lascia però nel suo testamento le istruzioni precise da seguire perché altrimenti la fabbrica sarebbe ruinata.
Evidentemente il pazzo aveva ragione, perché son passati più di 500 anni e la cupola è ancora ritta.


Glossario
in tre balletti: alla svelta
ribollire le chiare: ripensarci sopra
tigna: persona difficile da trattare
a spagliare: affanculo
a questo giro: stavolta
buggerare: fregare


mercoledì 28 novembre 2012

Vengon su bene fin da ragazzi

Come forse avrete saputo, ieri sera a Firenze c'era grande apprensione per il livello del Mugnone, quel torrente di cui vi ho raccontato la storia un po' di tempo fa.

Come invece sicuramente non sapete, il liceo del Perlino, attualmente in fermento fra autogestioni e assemblee, è diviso dall'argine solo da una strada.

Ieri sera sul gruppo Facebook della scuola uno studente ha scritto "Anche il Mugnone vuole okkupare".


lunedì 19 novembre 2012

Impara l'arte e mettila da parte - Filippo il voltatore (primo tempo)

Filippo nasce figliolo di un notaio ma il babbo capisce presto che con questo ragazzo non è aria da atti e rogiti e lo manda a bottega da un orafo.
Filippo vien su sparutissimo de la persona ma ben cosciente delle sue doti e perciò fiero rompicoglioni; un giorno il suo amico Donatello, che con lo scalpello in mano non è l’ultimo degli scalzabùbboli, gli fa vedere un crocifisso di legno che ha scolpito:
"o Filippo, dimmi un po’, come ti pare?"
"mah, costì tu hai messo in croce un contadino, mica Cristo"
"o nini, se ti par che fare sia facile come giudicare, piglia del legno e provaci te"

Filippo non intende a sordo, lavora zitto zitto per diversi mesi e appena finisce va a trovare Donatello e attacca a cianare:
"o Dona, ma che l’hai sentito con chi la s’è fidanzata la figliola di Cecco il legnaiolo di via delle Pinzochere? e che a mastro Brunetto gli piace allungare le mani coi su’ allievi lo sapevi? via, vieni a desinare da me così si fa du’ parole! però prima c’è da andare a far la spesa perché ci ho il frigo vuoto"
Passano dal mercato e Filippo compra le uova, il formaggio e la frutta, poi dice all’amico "senti, intanto che mi fermo dal fornaio, te avviati a casa con la roba, la chiave l’ho messa sempre lì, lì sulla finestra".
Donatello arriva a casa di Filippo e appena entrato si trova davanti il crocifisso, illuminato ammodino; dallo stupore allarga le braccia, gli casca in terra tutta la spesa e eccoti Filippo:
"ma che sei grullo? guarda che macello tu hai fatto! e ora icché si mangia?"
"io il mio per oggi l’ho bell’e avuto: ho capito che a te è concesso fare i Cristi e a me i contadini"

Filippo però, sebbene la scultura non gli riesca male, ha un altro chiodo fisso: tirare su una cupola per coprire quel buco che c’è nel tetto del duomo e che pare una bocca che urla al cielo; infatti appena i consoli dell’Opera del Duomo bandiscono un concorso per la cupola Filippo partecipa e lì fanno a chi le spara più alte: c’è chi propone di fare un pilastro centrale e appoggiarsi lì, chi di farla di spugne perché sia più leggera, chi di riempire il buco di terra mischiata a quattrini su cui appoggiare la cupola in costruzione, che tanto poi ci avrebbe pensato il popolo a svuotarlo a gratis.
Arriva il turno di Filippo:
"lustrissimi consoli, io posso voltare la cupola senza armatura"
"ahahahahah, eccone un altro, ma che ci fa buca qui?"
"e non solo la farò senza sostegni, ma sarà anche a doppio strato"
"no-ssìe, tanto la peserà poco, tu la vorresti fare anche doppia? o giù, facci vedere un po’ il disegno"
"il disegno non ce l’ho ma vi assicuro che sono perfettamente in grado…"
"ovvia smettila, di bischerate se n’è sentite anche troppe, via via, avanti un altro"
"ma io…"
"fuori!"
"ma..."
"uscieri, portate via questo pazzo!"


Glossario
scalzabùbboli: persona di scarso valore nella sua attività
costì: situato vicino a chi ascolta
non intendere a sordo: prendere sul serio l’invito a fare qualcosa
cianare: spettegolare
desinare: pranzo
ammodino: per bene
ci fa buca: tutti i grulli cascano qui dentro
no-ssìe: indica un no convinto


giovedì 15 novembre 2012

Lieto evento

Perladarsella e Zeus

annunciano con immensa gioia la nascita di


Firenze, nove novembre 2012

kg. 4,200 - cm. 53


No, è che la faccenda delle lezioni di vernacolo ha preso abbastanza il via e quindi s'è deciso a maggioranza (lui, perché l'è più alto) di creare un posto apposta, dedicato ai fiorentinismi vari e assortiti.

Le mie lezioni verranno comunque pubblicate anche qui (voglio dire, una volta che fo lo sforzo creativo bisogna che lo sfrutti per bene, no?) ma vi consiglio la lettura anche della nuova creatura, bello della su' mamma, anche se per ora gli abbellimenti son tutti merito del babbo, va detto.


mercoledì 31 ottobre 2012

La siliconata feat. Dr Jeckill & Mr. Hyde

- Te lo dico per l'ultima volta, devi smetterla di andare all'ipercoop quando ci sono gli sconti sugli stampi di silicone, che questo pensile sta traboccando!

- Ma dai, non prendono tanto posto! Lo vedi, si ripiegano uno dentro l'altro. E poi quello da plum cake mi serviva proprio.

- Infatti... sbaglio o ne avevi già uno?

- Ma questo è di misura totalmente diversa!

- Seee... due centimetri di meno in lunghezza e mezzo in larghezza, capirai...

- E poi questo ha il fondo liscio, non scanalato come quello che avevo già, così lo posso usare anche per una bavarese o qualcos'altro da rovesciare.

- E quell'altro che hai comprato, quello a ciambella pieno di nervature che pare un turbante, dimmi che ti serviva anche quello!

- Ma di silicone a ciambella non ne avevo mica! E poi è così bello, guardalo! Non è bellissimo? Pensa che meraviglia uno sformato di carciofi fatto qui dentro, magari con la besciamella dentro al buco...

- Mmmm...

- Vero? Ehi, ma che fai? Ma stai masticando!

- Mmmm, buono questo ciambellone, come hai detto che si chiama?

- Kugelhupf. Hai visto che bello? L'ho fatto con quello stampo lì, quello a ciambella. E te che non volevi farmelo comprare!

- E meno male che ti ho fermata, t'ho vista sai che avevi già puntato quello multiplo da muffin, che già abbiamo quelli singoli. Senti, e quella treccia brioche che hai fatto ieri nello stampo da plum cake?

- Se l'è finita la creatura.

- Peccato. Quando la rifai?


martedì 23 ottobre 2012

I' Giglio parlante - Lezioni di fiorentino per forestieri

I verbi a modo nostro

Buongiorno ragazzi. Seduti, grazie.
Bibixy, te per favore puliscimi la lavagna perché oggi ci ho da scrivere un monte.
Allora, oggi vi parlerò di quei verbi che possono essere fonte di perplessità per il forestiero che si trovi a sostenere una conversazione con un nativo perché in fiorentino hanno un significato molto diverso da quello che hanno in italiano.
Andiamo subito a fare un esempio: in italiano giovarsi significa avvalersi, approfittare, in fiorentino vuol dire utilizzare qualcosa senza provare schifo, principalmente sotto il profilo igienico.
Ci ho bevuto io in questo bicchiere, che te ne giovi?
Maremma la zia che figurucce la ci fa fare: tutte le volte che si va a trattoria la ripassa i'bicchiere e le posate co' i'tovagliolo perché la 'un se ne giova.
Dal verbo derivano anche gli aggettivi giovevole e ingiovevole.
In qui' bar c'è un bagno che l'è veramente ingiovevole, ma che 'un lo puliscan mai?

Imparentarsi in italiano significa acquisire dei legami di parentela con un'altra persona, principalmente tramite matrimonio, in fiorentino è la saldatura tra due oggetti metallici che si crea per via della ruggine.
E sai, t'hai voglia a pigiare, questo bullone non c'è verso di svitarlo, lo vedi che s'è imparentato co' i'dado?, dice il trombaio* al bardotto** mentre lavora su un'acquaio degli anni '50.

Mentre in italiano sortire significa ottenere un risultato, a Firenze vuol semplicemente dire uscire.
Via, ora sortimi di tra ' piedi che ci ho da fare, dirà correttamente la mamma al figliolo molesto e petulante (ogni riferimento a figlioli realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale).
E come disse un conoscente pratese reduce da un viaggio a Parigi: "mah, son arrivato all'aeroporto e l'era pieno di cartelli con scritto SORTIE e ho detto ma che siamo sbarcati a Galciana (frazione di Prato, ndr)?"

Nel resto d'Italia si rinnova un abbonamento oppure l'arredamento del salotto, a Firenze si rinnova un par di scarpe quando le si indossano per la prima volta.

E se governare vuol dire amministrare uno stato, nelle campagne fiorentine si governano i polli quando gli si dà il becchime e, per estensione, la moglie quando si assolve all'obbligo coniugale.
O sposa, beato chi la governa!, sarà il rustico ma sincero apprezzamento lanciato dal villico all'indirizzo della piacente signora.

Se poi state facendo merenda con un bel panino con la finocchiona e a un tratto sentite il vostro amico fiorentino che sbotta: "o ma qui che si mura a secco?" non pensate che gli siano venute delle improvvise manie di costruzione, versategli un bicchier di vino e vedrete che si cheta.

*che il trombaio l'è l'idraulico credo che lo sappiano anche i sassi
**in italiano, il figlio di un cavallo e di un'asina; in fiorentino, l'aiutante


mercoledì 17 ottobre 2012

I' Giglio parlante - Lezioni di fiorentino per forestieri

Ovvìa, ora con la grammatica direi che s'è finito, sicché si passa a qualcosa di più divertente, visto che il mio collega ha già fatto anche la ricreazione. No ragazzi, non si parlerà di parolacce, ma di lessico in generale.
Fondamentalmente, essendo il fiorentino il trisavolo dell'italiano, le differenze principali sono costituite da quei vocaboli che in italiano son classificati come desueti e invece qui in riva all'Arno non solo son rimasti vivi, ma godono di ottima salute.
Partiamo quindi con il primo argomento e cioè:

Il tempo a modo nostro

Dianzi.
Senti che bella parola che l'è.
Macché poco fa, macché or ora: dianzi.
Secondo la Treccani "fuori di Toscana non è comune ed è sentito come letterario"; qui, l'adopra anche il bottegaio:

Sora Maria, dianzi m'hanno portato un prosciutto di' Casentino bello tirato come Cristo comanda. Che glien'ho a fare un par d'etti?

E da bottegai quali appunto siamo sempre stati non si usano tre parole (l'anno scorso) quando ne basta una:

Sì vai Beppino, ma tagliamelo a mano, mi raccomand'a te. Senti, ma quell'olio di Tavarnelle che presi anno?

E siccome s'è inventato le banche e la precisione non ci fa difetto, se si parla di due anni fa:

L'ho bell'e riordinato; dice che quest'anno l'è mondiale, meglio di quello d'anno e anche di quello d'anno di là, che l'era speciale.

Due giorni fa è ier l'altro, non l'altro ieri, tra due giorni non è dopodomani ma doman l'altro; per dire tra una settimana i vecchi usano ancora oggi a otto.

Poi c'è il soccorso di Pisa, per indicare chi arriva tardi per dare una mano a fare qualcosa: l'è arrivato i' soccorso di Pisa, dirà la famiglia che alla fine di una giornata di sgombero vede presentarsi l'amico proprio quando l'ultimo dei cinquanta scatoloni è appena stato portato su per sei rampe di scale (il modo di dire risale alla prima crociata, nella quale i genovesi si fecero un culo così mentre i pisani arrivarono a Gerusalemme bell'e conquistata*).

Chi invece fa tardi per un qualsiasi avvenimento, allora si dice che l'arriva dopo i fochi.
Come sarebbe a dire, quali fochi? I fochi non c'è bisogno di specificare, son solo quelli di San Giovanni, quelli che portano tutta la città sui lungarni a naso ritto e a bocca aperta, a fare oh e ah per poi naturalmente concludere che, comunque, l'eran meglio quelli d'anno.

*poi dice che siamo noi che la ci s'ha coi pisani

mercoledì 3 ottobre 2012

I' Giglio parlante - Lezioni di fiorentino per forestieri

Pronomi personali
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.
E allora, dopo la lezione di grammatica sugli aggettivi dimostrativi, vai coi pronomi personali:
io
te tu
lui l'/lui e'/lei la
noi
voi vu
loro

Dice, e indo' sarebbe il duro? Eccolo.

Forma affermativa
Te tu sei brutto, lui e' puzza, lei l'è gobba, lui l'ha la testa grossa. Insomma voi vu fate schifo.
(bella combriccola)

Forma negativa
Siccome te 'un tu sei attento (e non te tu 'un, capito Bibixy?), lui e' 'un capisce e lei la 'unn'è intelligente, voi 'un vu sapete fa' proprio nulla.
(si possono omettere i te, lei, lui, voi senza danneggiare né il significato né la pochezza della combriccola)

Forma interrogativa
Icché tu dici? Secondo te indo' la va? E lui, indo' '* va? Ocché l'è scappato? Icché vu fate, gli correte dietro?
(visti i soggetti, io li lascerei serenamente andare)
*i due apostrofi accanto non sono un errore, il secondo rappresenta la e' che è appena accennata.

Allora? Era abbastanza duro? Sì, eh?
Via, ancora una noticina svelta e poi per oggi la s'abbozza.

Pronomi possessivi
Sono uguali all'italiano tranne che per il plurale della prima, seconda e terza persona, stavolta un retaggio del latino anziché dell'etrusco.
"Ah guarda, io mi fo sempre gli affari mia", dice la ciana dandosi di gomito con l'amica.
"Piglia tutte le cose tua e portatele via", dice la moglie al marito beccato in flagranza di corna.
"Ma possibile che nessuno si faccia mai i c***i sua!", dice la Perla da quando è nata.


mercoledì 26 settembre 2012

I' Giglio parlante - Lezioni di fiorentino per forestieri

Avete presente che a settembre comincia, oltre alla scuola, una miriade di corsi sugli argomenti più disparati, dall'uncinetto allo shiatsu, dalle composizioni floreali all'allevamento dei canarini?
E secondo voi qui si poteva restare a guardare? No!

Questo blog pertanto, in collaborazione con l'esimio Professor Zeus di Tafferuglio, è lieto di annunciare l'avvio della nuova grande iniziativa editoriale dal titolo I' Giglio parlante - Lezioni di fiorentino per forestieri.
Il programma del corso esplorerà sia la fonetica che la grammatica che il lessico ed è ancora in corso di definizione, mentre per quanto riguarda la periodicità delle lezioni è stata concordata un'uscita a cadenza QCSNHV (quando ci se n'ha voglia).

Dopo la fondamentale lezione sulla C tenuta magistralmente dal Prof. Zeus, andremo dunque oggi a trattare un altro argomento forse meno eclatante ma altrettanto basilare, ossia

Le consonanti soffiathe
Il fiorentino, a differenza degli altri italiani, pronuncia le consonanti bilabiali P e B e le dentali T e D senza far aderire completamente le labbra (per la P e la B) oppure la lingua ai denti (nel caso della T e della D), ma lasciando un leggero spazio attraverso il quale l'aria passa, rendendo in tal modo la consonante, appunto, "soffiata", con un effetto che è massimo nella P e nella T e più sfumato nella B e nella D (lo so che in questo momento state facendo le prove e sputacchiando verso il monitor); pare che anche questo tipo di pronuncia, al pari della gorgia, sia un retaggio dovuto alla lingua etrusca.

Per chi conosce l'inglese, il suono ottenuto con la T sarà una via di mezzo fra quello di una normale T italiana e il th di think mentre quello della D somiglierà al th di father, come facevo notare alla creatura quando cominciò a studiare l'inglese e pronunciava tink e fadar: "diobhono Pherlino, noi siamo anch'avvantaggiathi che già ci s'ha le soffiathe di nathura, adhophrale anche phe' l'inglese!".

Naturalmente la soffiatura si realizza solo se la consonante si trova fra due vocali o se è preceduta da vocale e seguita dalla R (vedi l'esortazione al Perlino testè riprodotta) ma se la vocale che la precede è una preposizione, una congiunzione o è accentata, allora invece di soffiarla la si raddoppia, e se siete stati attenti vi accorgerete che è la stessa regola della C aspirata, ci s'ha una certa coerenza noi, e non è che si parli così, a bischero sciolto.
La soffiatura non si verifica a inizio di frase o nel caso di gruppi di due o più consonanti: tanto per fare un esempio, pronuncerò normalmente tussei sbronzo (sostituendo la B con una T cambierà la reazione della persona a cui mi rivolgo, ma ugualmente non ci sarà soffiatura), mentre ripetendo la phathatha fathatha sopra una torta con le candeline potrò agevolmente spengerle tutte.

Per finire, un cenno alla lettera G, che quando è dolce e preceduta da vocale non accentata si pronuncia con un suono un po' strascicato simile a quello della J francese. Si dirà pertanto:

Ha cchiamatho la Jina
Mettithi la jiacca phe' anda' ffori
Domani vo a Ppariji

ma:
Vien qua, Gianni
Gianni, vien qua
Gianni, oh! T'ho detto vien qua, t'ho detto! O che va' via? Indove tu vai, vien qua...

(la lezione finisce qui perché la docente è corsa dietro a Gianni)



giovedì 20 settembre 2012

E poi dicono male di Google Translator

La Perla, come forse avrete intuito, ha una certa passione per la cucina con una particolare predilezione per lievitazionismi e affini e infatti, oltre a Rossella sul bancone e Dorisdei nel frigo, ha una discreta collezione di libri sull'argomento.

La Perla ha studiato l'inglese per una decina d'anni, come lo si studia nella scuola italiana: questo vuol dire che è capace di chiedere o dare un'informazione stradale e che riesce a sostenere una conversazione diciamo basic ma non è assolutamente in grado di leggere un libro in lingua originale, come fa qualcuno di sua conoscenza, né tantomeno di tradurlo in italiano, come fa qualcun’altra sempre di sua conoscenza.

Però ieri sera, leggendo l’ultimo arrivato nella collezione di cui al primo paragrafo, dall’icastico titolo Pane, scritto originariamente in inglese, le è venuta spontanea una domanda, anzi due, facciamo tre (e vediamo chi riconosce la citazione).
Cara Maria Barbara Piccioli che hai tradotto il libro in italiano, perché cinnamon me lo traduci con cinnamomo, quando cannella è più immediatamente comprensibile, oltre che più preciso?
Perché a proposito degli impasti traduci “fate fermentare per due ore” quando in italiano si dice lievitare (è il mosto che fermenta, semmai)?
E soprattutto, perché tutte le volte che viene citato il pane di qualche giorno prima me lo chiami stantio? Ma via, Maria Barbara!
A parte il fatto che mi pare più corretto chiamarlo raffermo, stai attenta che ora ti svelo un piccolo segreto: quello che stai traducendo è un libro di ricette, no? E allora sappi che a leggere “pane stantio“ fra gli ingredienti ti passa subito la voglia di farla, quella ricetta.


martedì 11 settembre 2012

Piccolo alfabeto srilankano

A come animali
Di tutti, di più. In uno degli alberghi nei quali abbiamo alloggiato la dotazione era la seguente: varano nel laghetto, aquila sugli alberi soprastanti, mangusta nel parco, scimmie che la sera si abbeveravano in piscina, scoiattoli come compagni di colazione. Capirete che per me era il paradiso (però mi son comportata abbastanza bene, via).

scimmie

ciop

Il Bib che si contende la colazione con Ciop

B come biciclette
Qualcuna ne ho vista, ma mi sa che son destinate all'estinzione (vedi voce seguente).

C come circolazione
Per definire lo stile di guida dello srilankano c'è solo una parola: criminale. I peggiori in assoluto sono gli autisti dei bus, che corrono come se fossero al Mugello e sorpassano anche (anzi, soprattutto) in presenza di striscia continua e macchine sopraggiungenti in senso contrario. E gli suonano, perché hanno ragione loro.

D come dentifricio
Dopo una cena che definire piccante è puro understatement britannico, vai a lavarti i denti col dentifricio ayurvedico e ti pizzica la bocca per un'altra mezz'ora perché, indovina un po', è piccante anche quello.

F come frangipani
L'avevo già scritto che questo fiore per me ha il profumo migliore del mondo; a questo giro si tenta l'avventura di annusarlo anche a Firenze (traduzione: abbiamo staccato un ramo da un albero, l'abbiamo fatto viaggiare in valigia e ora ce l'ha in gestione il Bib, che ha già consultato quarantasette siti di giardinaggio).

G come Galle Face Hotel
Meno male che quando vado in viaggio compro sempre le guide, altrimenti chi ci sarebbe mai entrato in questo storico tempio del lusso? Invece il bar è aperto a tutti e con otto euri in due ti bevi un margarita davanti a questo panorama qui (per la Rita: buono, ma il nostro barman di fiducia lo fa meglio).

galle

H come hopper
Una delle tante delizie della colazione: una specie di crepe fatta a cestino con dentro un uovo affrittellato. C'è bisogno che vi dica che mi son riportata a casa il tegamino apposito in cui cuocerla?

I come insegne
Viste sgrammaticature di tutti i tipi ma la migliore è questa, che per lo meno è voluta.

insegna

K come king coconut
La noce di cocco gialla imperversa dovunque; per un prezzo oscillante fra i 20 e i 30 centesimi te la scapitozzano con tre colpi di roncola e ti bevi questo succo trasparente e dissetante. Fantastica.

king

L come lime
Siamo fra il tropico del Cancro e l'equatore, no? La frutta tropicale, giustappunto, non manca e il lime l'abbiamo frequentato, oltre che nel margarita, sotto forma di spremuta, di ingrediente, di condimento. E allora come mai quando l'abbiamo cercato al mercato, ci guardavano come se stessimo chiedendo i mirtilli o le castagne? Al supermercato, c'è toccato andare.

M come mercati
Con mio immenso disappunto, non pervenuti (non che comunque sia tornata a mani vuote, sia chiaro).

N come Nuwara Eliya
Inquietante cittadina della Hill Country (oddio, hill 'sta ceppa, siamo a duemila metri) che sembra presa pari pari da un libro dell'Agatha Christie: prati all'inglese, case stile Tudor e cassette della posta rosse.
Io quando si aprivano le porte delle case mi aspettavo sempre di veder apparire Angela Lansbury in versione Miss Marple.

nuwara posta

nuwara

P come piccante
Non hai provato il vero piccante finché non hai mangiato in Sri Lanka; persino sulla frutta a pezzi che vendono nelle bancarelle ti ci mettono il peperoncino. E comunque quando alla domanda "is it spicy?" ti senti rispondere "no, no" preparati, perché dopo tre bocconi comincerai a smoccicare e poi farai le fiamme come Grisù.
Secondo me lì ci resta male anche un calabrese.

S come saluti
Tutti o quasi ti salutano per la strada e poi il 90% ti domanda "you are from?"; i primi dieci ti fanno piacere, dopo il ventesimo ti cominci lievemente a scocciare, al cinquantesimo ho dovuto reprimere la tentazione di rispondere "from Monculi sott'Empoli". Ma si sa che io son rospa.

T come treni
Rigorosamente non elettrificati, funzionano a gasolio per cui dopo un viaggio se ti passi un dito sul viso te lo ritrovi nero (anche perché invece che essere bardata di veli e crinoline come le signore dell'ottocento sei in canottiera e pantaloncini), ma questo sarebbe il meno. Strapieni all'inverosimile, porte sempre aperte e gente aggrappata fuori e nonostante questo, non si sa come, ci sono i venditori della qualunque cosa mangereccia (piccante, chevvelodicoaffare) che trovano il verso di passare di continuo nei vagoni, in perenne dimostrazione della possibilità di compenetrazione dei corpi.
In confronto, il treno di bambù della Cambogia pareva l'Orient Express.

stazione colombo

Tabelloni elettronici delle stazioni di Colombo

stazione galle

e di Galle


stazione nanu oya

Sala trasmissioni della stazione di Nanu Oya; notare al centro della foto il telefono di ultima generazione per le comunicazioni coi treni

treno


ferrovia


capostazione

L'eleganza del capostazione di Bandarawela

Però i paesaggi che attraversano ti fanno scordare tutto il resto.

tè cascata nuvole1 nuvole2

giovedì 9 agosto 2012

Olimpiadi, e quattro

Ma quanto ci avranno stantuffato le scatole con questo Schwazer, nemmeno fosse il primo che beccano?

venerdì 3 agosto 2012

giovedì 2 agosto 2012

Olimpiadi, e due

Ma dopo il beach volley, diventeranno discipline olimpiche anche i racchettoni e le bocce?

domenica 29 luglio 2012

Olimpiadi

Ma quanto saranno eccezionalmente, straordinariamente, incommensurabilmente fichi i nuotatori?

lunedì 23 luglio 2012

Thank God it was Friday

Se è un venerdì sera di luglio afoso come pochi e i tuoi due uomini preferiti sono lontani (quello giovane è a Roma al concerto di Caparezza, quello diversamente giovane in un punto imprecisato tra qui e un'isoletta spersa in culo al mondo in Sulawesi) che fai, ti tappi in casa con l'aria condizionata a tutta gallara e stai a commiserarti?
Non sia mai.

Prendi l'amica Thelma, salite a Fiesole dove c'è un'arietta simpatica che vi fa smettere subito di sudare e vi sedete a un tavolino davanti a questo panorama qui

panorama

che anche dopo tanti anni che lo vedi ha sempre il suo perché; poi vi fate uno spritz, tanto per iniziare bene la serata e poi, perché no, anche una crepe salata, tanto per non far sciaguattare troppo lo spritz, mentre il sole tramonta e la città laggiù sotto passa dall'ocra al rosso al rosa.

Poi con calma attraversate la piazza e vi accomodate nella splendida cornice qui sotto, con vista sui colli persi nella luce azzurrina della sera.

teatro

E poi viene il buio e lo spettacolo comincia, e alzi il capo e il grande carro è proprio lì, sopra la tua testa.

palco

E ascolti storie di uomini, di cani e di freddo, tanto freddo.
E alla fine un applauso che pare non finire mai e lui che ringrazia "per la qualità del vostro silenzio di stanotte".

video

Io quest'uomo son sicura che lo starei a sentire incantata anche se mi recitasse l'elenco del telefono.

biglietto

martedì 1 maggio 2012

Occhio eh!

Le sarde, voglio dire.
Chi le aveva mai maneggiate.
Però le hai mangiate fuori e t'è presa l'idea, così le compri e te le porti a casa.
Poi apri l'involto e son tutte lì che ti guardano con quegli occhini come a dirti "sicura che vuoi prenderci in mano e levarci la testa e sfilarci le budelline e aprirci in due e staccarci la lisca? siamo morte, siamo diacce e anche un po' sguisciolose"
Ora, non è che siano proprio espressive come il gatto di Shreck ma un certo disagio te lo mettono.
Poi il lampo di genio: trenta secondi di training autogeno ripetendo in loop "diobono, peggio che pulire i fegatini non sarà".
Una volta superata la fase splatter è tutta discesa, basta imbottirle di pangrattato, uvetta e pinoli, docciarle con olio e limone e schiaffarle in forno.
L'importante è nascondere le teste con gli occhini in un sacchetto di plastica chiuso bene, che non vi vedano mentre godete.

giovedì 29 marzo 2012

lunedì 26 marzo 2012

Sballi giovanili

"... capisci mamma, l'era potente abbestia e picchiava forte nelle casse. Quella roba che se tu giri la testa di colpo, il mondo l'arriva dopo."

Vi abbiamo presentato il Perlino e il Cuba Libre.

martedì 20 marzo 2012

La precisione prima di tutto

Ho sotto gli occhi la fotocopia della carta d'identità di una tizia.
Nei connotati e contrassegni salienti alla voce statura c'è scritto "alta".
Mi meraviglio che sotto residenza non ci sia scritto "a casa sua".

giovedì 8 marzo 2012

Altro che l'iprite

Prendete tre diciassettenni e tappateli per un par d'ore in una camera a giocare a Call of Duty.
E poi aprite la porta, se avete coraggio.

(abbiate pazienza, cari F. G. e L., ma quando ci va ci vuole)

martedì 7 febbraio 2012

Mugnone's story

mugnone ghiacciato

Questo è l'aspetto artico che, più o meno da una settimana, ha il tratto del Mugnone che costeggio in bici tutte le mattine; stamattina c'era anche un cane che ci zampettava sopra tranquillamente.

Il Mugnone è un torrentello che vien giù dalle colline dietro Fiesole per buttarsi in Arno e nei secoli ha cambiato corso parecchie volte, ma non spontaneamente; all'epoca della fondazione della città si univa infatti all'Arno all'altezza di Ponte a Santa Trinita ma poi i fiorentini l'hanno deviato progressivamente verso ovest ogni volta che costruivano una nuova cerchia di mura, della quale il Mugnone costituiva via via un tratto del fossato di cinta.
A forza di spostamenti, il Mugnone è arrivato a confluire in Arno alla fine del parco delle Cascine, e qui avvenne il fatto forse più particolare di tutta la sua storia.

All'epoca di Firenze capitale successe infatti che un giovane principe indiano, di passaggio in città mentre ritornava in patria dall'Inghilterra, si ammalò e morì. Secondo la religione indù il corpo doveva essere cremato e le ceneri sparse alla confluenza di due fiumi, ma siccome Firenze disponeva di un solo fiume, il Mugnone venne promosso di grado per l'occasione e fu possibile celebrare la cerimonia, alla presenza di parecchi curiosi attirati dalla stranezza dell'evento. Da allora il luogo della cremazione, dove fu costruito un monumento col busto del principe sotto una sorta di baldacchino, è conosciuto come "l'Indiano", nome che è stato poi dato anche al ponte che ci passa praticamente sopra.

Sull'esotica cerimonia Renato Fucini scrisse questo divertente sonetto in vernacolo pisano (per chi necessitasse dei sottotitoli, basta chiedere):


La bruciatura der Principe indiano.

                 Eliseo
Bruciato? Alle 'Ascine?... agnamo, Neri !
Te farai la burletta.

                  Neri
                             Dio davvero.
C...o! 'un ci fussi stato!

                 Eliseo
                                    Propio c'eri ?

                  Neri
E dàlli, Dio de' Dei! t'ho detto c'ero.

                 Eliseo

Ma a Firenze, o che 'un c'è calubrinieri?

                  Neri
Madonna!...

                 Eliseo
                    E lo brucionno?

                  Neri
                                             Tutto 'ntero.

                 Eliseo
Ma che 'un ne seppe nulla 'r Canceglieri?...
O ' Deputati 'un l'avisonno 'r Crero?

                  Neri
Tutti zitti!...

                 Eliseo
                    O la santa Religione?

                  Neri
Eran Chinesi, gente der Catai...

                 Eliseo
Hann' a anda' 'n de' su' posti a fa' 'r padrone.

Qui l'omo mòlto 'un s'è bruciato mai,
Nemmen' a' tempi della 'Nquisizione...
E 'un si vòr più la piena?... Lo vedrai!

mercoledì 18 gennaio 2012

Fenomenologia del pedone fiorentino (vista dal sellino di una bici)

Quelli che nelle stradine strette del centro girano con un cane lungo cinquanta centimetri attaccato a un guinzaglio lungo tre metri.
Quelli che ti vedono arrivare e scendono dal marciapiede per attraversare mentre negli occhi gli si illumina il pensiero "ah, è una bici, allora si ferma lei".
Quelli che scendono dal marciapiede senza guardare perché non hanno sentito nessun rumore e quindi.
Quelli che occupano militarmente la pista ciclabile e quando gli scampanelli ti si rivoltano ("oh, piano, eh?!) oppure sfoderano l'ironia ("venga venga signora, l'è tutta sua").
Quelli che camminano per la strada essendo perennemente in fase di sorpasso di quelli sul marciapiede, perché loro hanno da fare e non possono restare incastrati fra la donnina col carrello della spesa e le macchine parcheggiate.
Quelli che attraversano la strada spippolando sul cellulare.
Quelli che in mancanza del red carpet degli Oscar va bene anche la pista ciclabile, tanto è rossa uguale.
Quelli che si salutano sulle strisce pedonali.
Quelli che in una piazza del Duomo interamente pedonalizzata passeggiano negli unici trenta metri di corsia riservata ai mezzi della Misericordia.
Quelli che nelle stradine della ZTL camminano in tre affiancati e se sono in quattro ce n'è uno che saltella in mezzo agli altri perché tutti affiancati non ci stanno.
Quelli che camminano sulla ciclabile spingendo un passeggino (in alternativa, trainando una valigia) perché oh, le ruote ce l'ha.
Quelli che...

Aggiornamento del 10/5/12:
Quelli che fanno jogging sulla pista ciclabile, ma con le cuffie dell'ipod negli orecchi, così non gli dai fastidio quando gli scampanelli.

martedì 10 gennaio 2012

Il sesso forte

Quella che segue è la trascrizione quasi fedele (solo i nomi son cambiati) di un dialogo svoltosi fra una mia amica e il suo ex marito.

Mezzanotte.
Squilla il cellulare di lei.

"Pronto"
"Laura!"
"Ciao, dimmi"
"Dove seiiii???"
"Sono a casa"
"Vieni qui, subitooo! Perché sono in una situazione drammatica!!!"
"Ma che succede?"
"Filippo (il figlio decenne che quella sera era a dormire dal babbo) ha mal di pancia!"
"O Giovanni, ma te non sei un dottore? Prova a mandarlo in bagno e vedrai che gli passa"
"Filippooo! Dice la mamma di andare in bagno! Te Laura però tieni il telefono acceso, capito? perché se lo porto al Meyer (l'ospedale pediatrico) ti chiamo e te devi venire subito!"

Poi dice che sono isteriche le donne.